6-7 novembre h17.30
Palazzo Albrizzi
Integrale delle opere di R. Schumann per pianoforte
Appuntamenti conclusivi
Fabio Grasso, pianoforte
PROGRAMMA 6 novembre 2021
ROBERT SCHUMANN (1810-1856)
Quattro Marce op. 76 (1849)
1. Mit größter
Energie
2. Sehr kräftig
3. Sehr mäßig
4. Mit
Kraft und Feuer
Bunte Blätter op. 99 (anno di pubblicazione 1851)
nn. 1-2-3 Drei
Stücklein
I. Nicht schnell, mit Innigkeit
II. Sehr rasch
III. Frisch
nn. 4-5-6-7-8 Albumblätter
I. Ziemlich langsam
II. Schnell
III. Ziemlich langsam, sehr gesangvoll
IV. Sehr langsam
V. Langsam
n. 9. Novellette: Lebhaft
n. 10. Praeludium: Energisch
n. 11. Marsch: Sehr
getragen
n. 12. Abendmusik: Im
Menuett-Tempo
n. 13. Scherzo: Lebhaft
n. 14. Geschwindmarsch: Sehr markirt
Nel marzo 1849 la famiglia Schumann interrompe il soggiorno a Dresda in seguito allo
scoppio dei moti insurrezionali. A differenza di Wagner, che per aver
partecipato in prima linea a quella rivolta subisce una condanna a morte (dalla
quale lo salva solo l'intervento di Liszt), Schumann allontana se stesso e i suoi cari dai pericoli di
un coinvolgimento diretto, ma sostiene idealmente la causa rivoluzionaria, in
virtù delle sue dichiarate simpatie progressiste. L'evento gli ispira le
Quattro Marce op. 76, raramente eseguite, forse vittime di un preconcetto che
imputa loro un eccesso di retorica guerresca. È vero che la prima Marcia in Mi
bemolle maggiore indulge ad una certa bellicosa esuberanza, ma questo non
pregiudica la freschezza e l'essenzialità della scrittura, specie nella sezione
centrale della forma A-B-A comune a tutti e quattro i brani. Il clima muta
sensibilmente nella seconda Marcia, la cui sezione principale si colora dei
toni epico-leggendari da tempestosa ballata goethiana (potremmo indicare l'Ouverture della mendelssohniana Walpurgisnacht
come possibile termine di paragone), a cui l'intermezzo fa da placido contraltare.
I rapporti si rovesciano
nel terzo brano, il cui incipit trasfigura il passo marziale in un incedere dai
contorni sfumati e ammiccanti; dopo il segmento centrale più concitato la
ripresa si estingue in una dissolvenza ancora più evanescente. A suggello di
questa evoluzione Schumann progetta inizialmente di
porre un Geschwindmarsch (Marcia veloce) dal
carattere orientaleggiante ed acutamente ironico, ma, accorgendosi che un finale
di questo tipo rappresenterebbe un'evasione in un mondo poetico troppo lontana
dallo spunto generatore dell'op. 76, decide di sostituirlo con una Marcia che
riprende e accentua, a tratti un po' enfaticamente, il piglio militaresco della
prima, con cui condivide anche la tonalità.
L'occasione di recuperare
il geniale Geschwindmarsch si presenta poco tempo
dopo, quando Schumann si mette al lavoro per
"riciclare" una trentina di pezzi di breve o media durata composti
fra gli anni 30 e 40, originariamente destinati a far parte di determinati
polittici, e poi scartati, non per difetto di valore musicale, ma solo
nell'interesse dei delicati equilibri formali di quei polittici. Ne
scaturiscono due grandiosi risultati: i 20 Albumblätter
op. 124 e i 14 Bunte Blätter
op. 99. Il criterio di assemblaggio di questi ultimi, a giudicare dal titolo,
consiste nell'accostamento di "fogli variopinti", cioè di brani dal
carattere contrastante, organizzati in una macrostruttura tripartita.
I primi tre "piccoli
pezzi" esordiscono con un autentico gioiello la cui semplicità, nella
sublime accezione schumanniana del termine, ricorda i
brani d'apertura delle Kinderszenen o dell'Humoreske. Seguono 5 fogli d'album, al centro dei quali il
n. 6 spicca per il richiamo all'inconfondibile materiale motivico
del Carnaval. Il burrascoso n. 5 e la coppia 7-8 sono
rispettivamente relazionabili ai Phantasiestücke op.
12 e alle Kinderszenen, mentre alla fama del n. 4
contribuiscono le variazioni che sul suo solenne tema hanno composto sia Clara Schumann (op. 20) che Brahms (op.
9). L'ultima corposa sezione del ciclo consta di sei brani ben più lunghi,
raggruppabili a due a due. La coppia 11-12 fornisce un'importante chiave
interpretativa per comprendere i significati più reconditi del ciclo. La Marcia
n. 11 ha un'indubbia, seppur non dichiarata, connotazione funebre, alla quale
l'episodio mediano oppone un tenero andamento cullante, serena immagine
dell'elevazione di un candido spirito verso una quiete superiore. Il ritmo di
marcia ritorna nel n. 12, in un'ambientazione completamente diversa, dominata
da una vena umoristica, vagamente onirico-narrativa,
evocatrice di visioni fantastiche che si dileguano col cedere della sera alla
notte. Dopo che lo Scherzo n. 13 ha fatto nuovamente emergere dalle sue
sonorità sinfoniche un tema del Carnaval, è ancora
una volta una Marcia, il già menzionato Geschwindmarsch,
a fare da epilogo all'opera: magistrale è l'ironia con cui la sua coda stempera
in un sospiro di quieta rassegnazione la brillante vivacità del motivo
principale.
Questo percorso sembra
suggerirci di considerare l'op. 99 come un Carnaval
della fase tarda, in cui a sfilare non sono più le maschere ma le variopinte
memorie di stupende esperienze creative, non senza una punta di inevitabile
rimpianto, ma al tempo stesso con la consapevolezza di dover andare oltre il
mero struggimento nostalgico. Così l'avvento delle Marce appare come un invito
a non indugiare sui ricordi e a intraprendere l'ultimo sofferto tratto di
cammino. È il malinconico sorriso di commiato del Geschwindmarsch
a incarnare le sembianze più affettuose di quell'esortazione,
dopo la digressione onirica dell'Abendmusik e la
latente allusione funerea della Marcia n. 11, percorsa dal più intenso brivido
di un inconfessabile, vertiginoso presentimento.
Fabio Grasso
Conferenza-Concerto online di Fabio Grasso sui Bunte Blätter:
PROGRAMMA 7 novembre 2023
ROBERT SCHUMANN (1810-1856)
Albumblätter op. 124 (20 Klavierstücke, pubbl. 1853)
1. Impromptu 2. Leides Ahnung (Presentimento di
dolore)
3. Scherzino 4. Walzer 5. Phantasietanz (Danza fantastica)
6. Wiegenliedchen
(Piccola ninna-nanna)
7. Ländler
8. Leid ohne Ende (Dolore senza fine)
9. Impromptu 10. Walzer 11.
Romance
12. Burla 13. Larghetto 14. Vision
15. Walzer 16. Schlummerlied (Ninna-nanna) 17. Elfe (Elfi)
18. Botschaft
(Messaggio) 19. Phantasiestück 20. Canon
Studi Sinfonici op. 13 - Études en forme de Variations)
con Variazioni postume
(1837 / 1852)
Tema - n. 1: Var. I - n. 2: Var. II - n. 3:
Studio
n. 4: Var.
III - n. 5: Var IV - n. 6: Var. V - n. 7: Var. VI
n. 8: Var VII - n. 9: Studio
Variazioni postume n. 1, 2,
3, 4, 5
n. 10: Var.
VIII - n. 11: Var. IX - n. 12: Finale
Come avviene per i Bunte Blätter op.
99, anche gli Albumblätter op. 124 sono il
risultato di un'operazione di "riciclaggio" di brani composti
prevalentemente negli anni 30.
Probabilmente l'intento
iniziale di Schumann era quello di fondere le due
serie in un'unica raccolta. Da questa operazione prendono invece vita due cicli
separati, con caratteristiche diverse: l'op. 124 contiene solo brani molto
brevi, privi di impennate virtuosistiche paragonabili
a quelle delle più articolate strutture dell'op. 99, e un po' più facilmente
identificabili rispetto all'opera nell'ambito della quale erano stati
originariamente pensati, salvo poi venirne esclusi per varie ragioni. Ad
esempio i n. 4, 11 e 17 sono certamente collocabili nell'orbita del Carnaval, grazie alla presenza più o meno esplicita
del famoso frammento motivico ÄSCH o AESCH (La / La
bemolle, Mi bemolle, Do, Si, le 4 note su cui si basano tutti i pezzi del Carnaval), dal nome della cittadina natale di
Ernestine von Fricken, prima fidanzata di Schumann.
Evidentemente riferibili alle Kinderszenen
sono le "berceuses" n. 6 e il n. 16, mentre
i vivaci schizzi dal carattere burlesco come il n. 3 e il n. 12 erano forse
destinati a far parte di un corollario di Papillons.
Si fanno notare anche fugaci allusioni di stampo vagamente hoffmanniano a Kreisleriana
e Phantasiestücke (come nei n.
18-19), nonché frammenti motivici che, come accade
anche nei Bunte Blätter,
anticipano lavori successivi alla presunta datazione dei pezzi cui
appartengono: è ad esempio il caso dell'incipit del n. 13, datato 1832,
palesemente simile a quello del Lied Wehmut
op. 39 n. 9, scritto nel 1840. A parte l'indubbio interesse di ogni
singolo brano, ciò che affascina maggiormente è ancora una volta la magistrale
capacità schumanniana di riorganizzare in una forma
complessiva perfettamente funzionale un gruppo di composizioni di provenienza
così eterogenea. Possiamo infatti individuare una simmetria fra il gruppo
iniziale e il gruppo finale, entrambi di sei brani, sia pure con articolazioni interne
differenti, mentre gli otto pezzi centrali appaiono divisi in 5+3, con la Romanza
n. 11 a fare da spartiacque generale, aperta e chiusa da uno stesso
inciso che agisce come segnale di svolta strutturale. Merita una menzione
particolare il n. 8, mirabile esempio di un'attitudine per certi versi quasi novalisiana a far trasparire un ineffabile sentimento di
afflizione sotto al velo dell'apparente serenità: il titolo, Leid ohne Ende, dolore senza fine, ricorda proprio il verso
conclusivo di Wehmut, "im Lied das tiefe
Leid":
"nel canto il profondo
dolore", segreto ed irreparabile, pur dissimulato dall'idilliaca dolcezza
della natura eichendorffiana.
Un'atmosfera analoga si
respira nell'ultima delle cinque Variazioni postume che completano la serie
degli Studi sinfonici op. 13, la cui prima stesura del 1837 viene
sottoposta a un'invasiva revisione nel 1852 (col titolo Studi in forma di
Variazioni). Senza addentrarci nei problemi filologici creati da questo
intervento, ci limitiamo ad osservare che la superba coesione architettonica
del ciclo di 12 Studi / Variazioni - vale a dire di variazioni (su un tema
composto dal padre della già citata Ernestine)
ispirate da elementi di tecnica pianistica - può in effetti essere in qualche
modo destabilizzata da un incauto inserimento delle Variazione postume, mai
incluse da Schumann in nessuna delle due versioni, a
causa della loro evidente diversità dalle Variazioni canoniche. Fu Brahms a riscoprirle e a consigliarne la collocazione fra i
brani n. 9 e n. 10, punto di stacco formale in cui il loro impatto
potenzialmente squilibrante viene minimizzato, mentre si esalta il loro
straordinario ed ormai irrinunciabile apporto in termini di fantasia e
profondità di significati. Ci è dunque gradito focalizzare l'attenzione sul
meraviglioso intermezzo sognante cui esse dànno
origine, con l'etereo Re bemolle maggiore della Quinta a fare, chopinianamente, da contraltare
al Do diesis minore d'impianto, tonalità che da tradizione beethoveniana
incarna i più cupi abissi interiori. Il canto della Quinta Variazione sorge
dallo struggente contrasto con la conclusione della Quarta: esso si eleva
disteso e pacato, tralucendo dal delicato scintillio degli arpeggi, ma cela in
sé l'inquietudine inesprimibile e insopprimibile, potremmo dire la Leides Ahnung, per usare il
titolo dell'op. 124 n. 2, che emergerà con frequenza sempre maggiore nei lavori
successivi, dai Nachtstücke alle Waldscenen fino ai Gesänge
der Frühe,, passando,
come si è visto, per i Bunte Blätter e gli Albumblätter.
Certo sarà lo sfolgorante Re bemolle maggiore del Finale a dissipare le
ombre che ancora si addensano nella Variazione lenta che lo precede, ma perfino
il colore di questo epilogo sembra tingersi di venature più raffinate se,
grazie all'intuizione brahmsiana, il percorso del
ciclo viene arricchito, con la 5a Variazione postuma, del culmine emotivo più
sottile e più segreto.
Fabio Grasso