Riccardo Vaglini |
Riccardo Vaglini ha studiato composizione con G. Giuliano
a Milano e con G. Manzoni. Dal 1988 al 1994 partecipa ai Ferienkurse di
Darmstadt dove ottiene due borse di studio. Nel 1994-95 è composer in
residence in MM&T a Milano. Dal 1994 al 2000 è direttore artistico di
ArsenaleMusica di Pisa. La sua musica, pubblicata da EdiPan e ArsPublica, incisa
in cd Wergo, FX, ArsPublica, Tau Kay, Pagano e diffusa da WDR Colonia, ABC Melbourne,
Rai, Radio Magyar, KBS Seoul, NHK, SR Saarbrücken, Radio Clasica Madrid,
Radio New Zealand, viene eseguita in molti festival in Europa, America,
Australia, Sud Africa: Teatro alla Scala Milano, Akiyoshidai festival, Tokyo
Opera City, Wien Modern, Ferienkurse Darmstadt, Teatro Valle Roma, Lucero e
La Péniche Opéra Parigi, Traiettorie Parma, Astra Melbourne, Gulbenkian
Lisbona. Autore di musica orchestrale, da camera, elettroacustica, teatrale, di
installazioni e lavori multimediali, ha ricevuto commissioni dal Comune di
Pisa, dalla Fondazione Teseco per l’Arte, dal Movimentoinarte Teatrodanza,
dall’Università di Cosenza, dal Tokyo Manufacture Ensemble, dagli Istituti
Italiani di Cultura di Salonicco, Strasburgo e Colonia, dalla Compagnia
Verdastro-Della Monica, da Musicavoix Evreux, da ContemporaneaMente Lodi, dalla
Kunsthaus Langenberg. Insegna composizione al Conservatorio di Venezia. |
Canzonetta degl’inverni, per quartetto
d’archi e soprano
« Da molto tempo avevo annotato alcuni spunti per un
quartetto d’archi poi rimasto nel cassetto: ricordo che aveva a che fare con il
fenomeno della perdita dei contorni della figura bianca su fondo bianco. A
questo spunto si annodarono via via, nel corso negli anni, immagini della
campagna invernale lungo il tratto serbo del Danubio: i bianchi spenti della
brina, il nero del cielo carico di neve, il rosso occasionale di un ramo di
salice, un riflesso del sole prima del tramonto. In occasione della commissione
di un lavoro ispirato dall’opera di Emilio Vedova ho, con molta cautela – vista
la sproporzione tra l’eroico aggrovigliarsi della sua pennellata e i modesti
intrecci di ricordi e colori nella mia memoria – provato a distillare alcune di
quelle sensazioni cromatiche ed emotive in una Canzonetta senza testo,
pacata e piana, quieta, senza pretese. » (R. Vaglini)
Testo di Wislawa Szimborska: da “Grande
numero” (1976), “Visto dall’alto”
Su un viottolo giace uno scarabeo morto.
Tre paia di zampette ripiegate con cura sul
ventre.
Invece del disordine della morte – ordine e
pulizia.
L’orrore di questo spettacolo è moderato,
la sua portata locale, dalla gramigna alla
menta.
La tristezza non si trasmette.
Il cielo è azzurro.
Per nostra tranquillità – gli animali non
muoiono
ma crepano di una morte per così dire più
piatta,
perdendo – vogliamo crederlo – meno
sensibilità e mondo,
uscendo – così ci pare – da una scena meno
tragica.
Le loro animucce mansuete non ci
ossessionano la notte,
mantengono la distanza,
conoscono i mores.
E così questo scarabeo morto sul viottolo
brilla non compianto verso il sole.
Basta pensarci per la durata di uno
sguardo:
sembra che non gli sia accaduto nulla di
importante.
L’importante, pare, riguarda noi.
Solo la nostra vita, solo la nostra morte,
una morte che gode d’una forzata
precedenza.