Sabato 7 ottobre 2017
Venezia, Palazzo Albrizzi, ore
17.30
Cannaregio 4118 Tel 0415225475
Die innere Stimme: gli spazi
interiori della rimembranza
Quinto appuntamento dell'integrale
pianistica di Robert Schumann
ROBERT SCHUMANN (1810-1856)
Klavierstücke op. 32 (1839 / 1841)
Scherzo - Gigue - Romanze - Fughette
ABEGG
Variationen op. 1 (1830)
Kinderszenen op. 15
(1838)
1. Von
fremden Ländern und Menschen (Di terre
e uomini stranieri) 2. Kuriose Geschichte
(Curiosa
storia)
3. Hasche-mann (A rincorrersi) 4. Bittendes
Kind (Bimbo che prega) 5. Glückes
genug (Felice quanto basta)
6. Wichtige Begebenheit (Importante
avvenimento) 7. Träumerei (Sogni) 8. Am Kamin (Presso il camino)
9. Ritter vom Steckenpferd (Cavaliere del cavallino di legno)
10. Fast zu
ernst (Quasi troppo serio)
11. Fürchtenmachen (Spauracchio) 12. Kind im Einschlummern (Bimbo che s'addormenta)
13. Der Dichter spricht
(Il poeta parla)
* * *
Humoreske op. 20 (1839)
- Einfach
(Semplice); Sehr rasch und leicht (Molto
veloce e leggero); Noch
rascher (Ancora più veloce); Erstes Tempo (Tempo
primo); Wie im Anfang (Come
all’inizio)
- Hastig (Affrettato); Nach und nach immer
lebhafter und stärker
(A poco a poco sempre più vivace e
più forte); Wie
vorher (Come prima)
-
Einfach und zart (Semplice e tenero); Intermezzo; Wie vorher (Come prima)
- Innig (Intimo); Sehr lebhaft (Molto
vivace); Mit einigem Pomp (Con una
certa pomposità); Zum
Beschluss (Commiato)
Fabio Grasso, pianoforte
Gli spazi immaginari delineati
dalla carica visionaria di questi brani paiono essere evocati dalla "innere Stimme", la voce
interiore che nel secondo blocco dell’Humoreske op. 20
(marzo 1839) si palesa soltanto visivamente in partitura, su un rigo intermedio
le cui note non devono essere suonate: si tratta di una linea archetipica, scarna ed essenziale, che l’esecutore canta
solo idealmente dentro di sé, e l’ascoltatore può arguire dai suoni
effettivamente prodotti, che ne riecheggiano l’andamento attraverso variazioni
ritmiche e melodiche. Questa soluzione è il punto di arrivo di un'affascinante
ricerca compositiva sulle melodie “segrete”, iniziata
fin da Papillons
e Carnaval, ma anche un sintomo della crescente
propensione ad una vena di cantabilità che passerà,
qualche mese dopo, per l’emersione alla sfera del sonoro di un'analoga melodia
nella seconda Romanza op. 28, e
culminerà nella fioritura liederistica degli anni
1840 - 1841
Nella poetica di Schumann la voce interiore è correlata a qualcosa di non
detto, è portatrice di un pensiero che, essendo troppo intimo per essere
esplicitato pienamente, viene celato dietro a sovrastrutture più o meno
complesse, e reso accessibile solo alle sensibilità più vicine a quella
dell'autore. La linea scritta ma non udita, latente nel silenzio, ne è un
esempio di straordinaria modernità e raffinatezza intellettuale, e rappresenta,
in virtù della dicitura apposta sullo spartito, la voce interiore per
definizione. Ma questa comunicazione criptica e allusiva passa con pari
efficacia anche attraverso mezzi espressivi più convenzionali: lo dimostrano
chiaramente le Kinderszenen
op. 15, il cui accostamento all'Humoreske risulta particolarmente suggestivo proprio da
questo punto di vista.
Circa un anno prima, nel marzo del
1838, le Scene infantili scaturiscono
dal fecondissimo empito creativo che genera anche Kreisleriana e le Novellette: proprio come appendice di
queste ultime, infatti, esse sarebbero dovuta apparire nelle intenzioni
iniziali, poi saggiamente modificate; questo dettaglio editoriale ci aiuta a
coglierne la natura narrativa, trasposta però in una dimensione del tutto
particolare. Come precisato dallo stesso Schumann,
questi piccoli racconti musicali d'infanzia, lungi dall'essere pezzi didattici
per esecutori in età infantile, sono sguardi retrospettivi di un adulto rivolti
ad adulti, elaborazioni di ricordi ormai lontani che prendono prodigiosamente
vita da stimoli molteplici. È probabile che la lettura di Eichendorff,
poeta sensibile alle suggestioni dell'universo infantile, abbia già qui
esercitato il suo benefico influsso, un paio d'anni prima di portare i
meravigliosi frutti dei Lieder op. 39. Ma possiamo
anche prescindere da riferimenti letterari di alto profilo nell'immaginare, ad
esempio, che le terre e gli uomini stranieri del brano d'apertura, così
stupefacente nella sua disarmante semplicità, siano stati ripescati da un libro
di fiabe ripreso in mano dopo molto tempo, forse risfogliato
nella quiete di una di quelle “camerette” talvolta evocate nella letteratura liederistica, magari stando su una sedia a dondolo, come
potrebbe far supporre il ritmo cullante e l’andamento ciclico degli incisi
melodici. Da questo incantato prologo prende avvio una serie di immagini che
trasfigurano le reminiscenze di giochi, oggetti, timori, fantasticherie ed
eventi della quotidianità infantile, come suggeriscono i preziosi titoli che,
lontani da qualsiasi vincolo descrittivo, nascono a posteriori come libera
associazione di idee generata dalla rielaborazione mnestica.
Così anche le semplici idee musicali fondanti vengono sublimate dalla raffinata
ricerca armonica e timbrica, nonché dalla sapienza della strutturazione
generale. I due segmenti da sei brani ciascuno descrivono infatti due percorsi
complementari: se la prima parte coi nn. 2-3 e 5-6 dà
maggior risalto alle scene di carattere spensierato ed estroverso, pur
temperate dai momenti riflessivi dei nn. 1 e 4, la
seconda si incanala in un itinerario più introspettivo, avviato dal celeberrimo
n. 7 (Träumerei),
e concluso, dopo le giocose deviazioni dei nn. 8 e 9,
da un trittico a tinte sfumate, ove le inquietudini di un già nobilissimo animo infantile sembrano emergere delicatamente
dalla contrapposizione fra la placidità del sonno e lo smarrimento di fronte
all'ignoto. Il tredicesimo quadro funge da appendice metascenica
in cui il "poeta" prende la parola per rivelare i significati
reconditi del viaggio nella memoria appena terminato. Questo epilogo ci mostra
una diversa veste della voce interiore, qui sussurrante nell'autocitazione di un motivo ricorrente in punti focali di
vari lavori (fra cui Novellette e Kreisleriana),
espressamente dedicato ai momenti di confessione più intima. Fra le pieghe di
questi recitativi si nasconde la chiave interpretativa di un ciclo che Clara Schumann definisce specchio perfetto dello spirito più
autentico e più segreto del suo autore, tanto che solo a lei oltre che a lui
stesso è consentito di comprenderne appieno l'essenza.
Una relazione molto sottile
collega le Scene infantili alle due opere che le precedono nel programma
odierno, in realtà da esse meno lontane di quanto possa apparire. Specularmente all'op. 15, le Abegg Variationen, scritte nel 1830 e apparse
l'anno dopo come pubblicazione d'esordio, lanciano un audace sguardo sul
futuro, ricavandone mirabili premonizioni, e quindi distinguendosi nettamente
per originalità nel panorama delle variazioni virtuosistiche
in voga in quel momento. La scelta di non suonarle all'inizio di questa serie
di concerti, bensì di inserirle a percorso ampiamente inoltrato, non è casuale,
e va proprio nella direzione di sottolinearne la lungimiranza compositiva attraverso il confronto ravvicinato con
composizioni più tarde. Particolarmente indicativa a questo proposito è la
fermata che precede la coda della variazione finale, in corrispondenza della
quale le note del tema A-B-E-G-G (denominazioni tedesche per La - Si bemolle -
Mi - Sol - Sol, desunte dal cognome della dedicataria Contessa von Abegg) vengono fatte
riascoltare non più come normali suoni di corde percosse, ma come risonanze
residue di un accordo progressivamente assottigliato, simile a un arpeggio
negativo novecentesco: quasi dunque un embrione di voce interiore che prefigura
scenari a venire, protendendosi verso il silenzio per mezzo della sottrazione
anziché dell'aggiunta di suono.
Anche i poco battuti Klavierstücke op.
32 sono in qualche misura ispirati da ricordi di esperienze giovanili, stavolta
in ambito strettamente musicale. Scritti separatamente a partire dal 1839 e
assemblati nella loro forma definitiva nel 1841, essi appaiono sulla rivista Neue Zeitschrift für Musik, nell'ambito di un progetto di divulgazione di
composizioni del passato, accostate a musiche contemporanee. Si spiega così
l'alternanza fra i pezzi dispari, Scherzo
e Romanza, propriamente romantici, e
quelli pari, forme arcaizzanti almeno nei titoli. Giga e Fughetta rendono infatti omaggio
a Bach, autore studiato a fondo in gioventù e non
solo, ma sono in realtà impregnate di pianismo
squisitamente schumanniano - molto evidente è ad
esempio la parentela del tema della Giga con
l'ostinato del finale di Kreisleriana. Culmine espressivo della raccolta è la
Romanza, non lontana dallo spirito
appassionato di In der
Nacht dei Phantasiestücke op. 12, e punteggiata dalla citazione di un
frammento melodico del segmento di Humoreske con la innere Stimme. Le fa da contraltare la Fughetta
conclusiva, breve e finissima pagina in cui l'intelaiatura contrappuntistica
appare come tenue simulacro ripensato nostalgicamente, e destinato a
dissolversi come elegiaca rimembranza di età ormai trascorse.
Questo stesso struggimento aleggia
su gran parte della produzione risalente alla prima parte del 1839, dominata
dall'Humoreske: è questo il periodo terminale
dell'infruttuoso soggiorno viennese, tempo di riflessione sull'imminenza di una
svolta esistenziale ed artistica. Definendo l'Humoreske come "il mio pezzo più malinconico", il compositore ne
certifica il ruolo di manifesto dell'ironia romantica, di quello Humor jeanpauliano fatto da un
lato di ipersensibilità, di percezioni amplificate delle tensioni, dei
mutamenti di stato d'animo, degli afflati contemplativi, e dall'altro di acume
ironico nel collegare fra loro i sentimenti più lontani e contrastanti. Il
segreto canto della voce interiore, sotteso a questa problematica sequenza di
episodi simmetrici dall'incerto inquadramento formale e dalle labili
interrelazioni motiviche, sembra voler rievocare ora
gli slanci ardenti ora i fremiti d'inquietudine ora i momenti meditativi dei
capolavori precedenti, ammantandoli di un velo d'ineffabile tristezza, nel
presentimento di un ormai prossimo congedo. I dilatati interrogativi
dell'ultima sezione paiono proprio cercare di differire quel commiato, fino
all'ultimo geniale colpo di teatro: rivisitando una figura di origine bachiana già citata negli Studi sinfonici, la frase conclusiva offre una risposta umoristicamente
trionfale, apparentemente risolutiva, ma in realtà ancora carica di tutta
l'enigmaticità di cui questo misterioso polittico è fascinosamente permeato.
Fabio Grasso - www.fabiograsso.eu
Schumann Project
www.rosenfinger.com/schumannproject.htm