Le parole sono respiro è una serie di frammenti con cui ho cercato di dare voce ad Astarte, un personaggio assai fascinoso che compare silenziosamente nel poema Manfred (1817) di Byron. L’omonimo protagonista – tipicamente byroniano – è un Faust tutto romantico, un essere a metà mortale e immortale, che nulla trae dal suo infinito sapere se non un infinito senso di impotenza. L’ultimo suo desiderio è incontrare la defunta sorella Astarte, alla quale è legato da intensissimo amore e da un lacerante senso di colpa. Per un soffio lei risale dal regno dei morti, ma vi ritorna prima di aver potuto concedere a Manfred la tanto sospirata assoluzione. Ho provato a estrarre Astarte dalla ‘costola’ del poema di Byron per farla persistere più a lungo nel suo silenzio così eloquente, che fa da contraltare alla fitta retorica del protagonista. Ascoltare i suoi frammenti mi ha confermato quale sia sempre e comunque la vocazione più profonda della poesia: rendere presente chi è assente per brevi folgorii o apparizioni che si può solo tentare di trascrivere per lampi. - Monica Pavani

 

Jozef Pjetri: Manfred, due anime, per flauto

I pochi elementi che compongono il brano sono una estrema sintesi dei Leitmotive che accompagnano l'autore in questi ultimi anni. Il brano si apre con note che simboleggiano  una Morte più intellettuale che fisica e nello stesso tempo, sono veicolo di mutamento. Pochi elementi per affermare una antica consapevolezza, ossia che la Conoscenza è già presente e manifesta nella nostra realtà, e che l'uomo può, anzì, deve intenderla. L'anima di Manfred viene a contatto in due momenti distinti, e con diversi gradi di consapevolezza (flauto basso) con questa Conoscenza; ma sarà con la sua Volontà, qui espressa dalla voce diretta dell'esecutore, che accetterà questo suo nuovo stato il quale si esprimerà con maggiore chiarezza nella parte conclusiva del brano.

 

Alvise Zambon: «Noi qui e nemmeno altrove», per arpa

Il brano è materia musicale liquida. È ossessione per l'infinito fluire di un'energia che il compositore non possiede e non ha diritto di possedere. Il compositore si fa indagatore, esploratore, traduttore, interprete, mai inventore. Come le fiammate linguistiche di Byron, come gli invisibili ed inarrestabili guizzi energetici della rigida staticità dell'opera scultorea canoviana, la materia musicale subisce inevitabili scosse, eruzioni di vitalità, folgorazioni, attività magmatica di un pianeta appena nato che incorre nella formazione di una crosta solida che non esaurisce il suo essere nella pietrificazione, ma continua attiva e silenziosa sotterranea nel quieto vivere, nella normale quotidianità, non lasciando spazio al silenzio, non lasciando spazio al tempo,non lasciando costretto il pensiero.

 

Letizia Michielon: «Muori amore, muori»-«And live forever» per fl. e arpa

Il brano è nato in occasione di un omaggio al personaggio di Astarte, la sorella di Manfred sempre evocata dal protagonista nel poema omonimo, ma presente in scena solo per brevissimi istanti. Alla sua voce muta ha dato vita la poetessa Monica Pavani con una serie di frammenti che cercano di scalfire il mistero di un'assenza ed evocare il segreto indicibile che l'avvolge. Questo brano, che utilizza musicalmente reminiscenze del Manfred schumanniano e di "...hear thee once..." di Fabio Grasso, trae ispirazione dal confronto tra alcuni versi del Manfred di Byron (scena II, II atto, vv. 116-148) e frammenti poetici della Pavani. Ne emerge uno struggente dialogo a distanza tra i due fratelli, sospesi tra la vita e la morte, appartenenti a dimensioni diverse e incomunicanti, chiusi nel proprio dolore e solitudine. Solo verso la metà dell'opera si materializza una sorta di incontro onirico, terra sottile e irraggiungibile che si estingue in un silenzio desolato.

 

Dario Savron: Rebirth, per flauto

attimi di sospensione, di immobilità, di silenzio che tradiscono lo scorrere del tempo tra momenti di semplicità e trasparenze surreali. Impulsi che scandiscono la realtà che vediamo e che percepiamo. Il silenzio che porta la mente ad investigare, l’orecchio a scrutare, gli occhi a cercare. Apparizioni di porte e luci che conducono in dimensioni vicine a tutti, sempre presenti, ma invisibili. La vicinanza ora di due mondi, il ritorno alla vita, attimi di una genesi lenta, di un ritorno inesorabile e lucente.

 

Luisa Antoni: «Anche se lontano appoggiato sul mio cuore...», per arpa

Nato da una suggestione data dalla poesia di M. Pavani "Qui il tempo continua", il brano prende come titolo due frammenti di testo tratto dalla seconda strofa. La compositrice in indaga alcune modalità degli armonici dell'arpa in rapporto coi suoni 'reali', intendendo così porre a confronto una sonorità più compatta (quella dei suoni 'reali') con una più eterea (quella dei suoni armonici), duplicità in cui si rispecchia la nostra realtà di vita - in un doppio livello di singolare interiorità del nostro intimo e pubblica condivisione del mondo esterno. Questo doppio livello si estrinseca anche nella dedica che è per il mondo esterno chiara e pubblica mentre per l'interiorità della compositrice è una dedica 'in pectore', indicibile.

 

Fabio Grasso: «...hear thee once...», per flauto e arpa

"...hear thee once..." "...sentirti (ancora) una volta..." è un frammento tratto dai versi che Byron fa pronunciare a Manfred nella scena cruciale in cui il protagonista rivolge la struggente, estrema invocazione al fantasma di Astarte, prima che questo si manifesti per proferire l'ultima laconica risposta. Il brano riflette nel rapporto tra flauto e arpa il forte dualismo cui dànno vita i due personaggi byroniani. Le strutture ternarie di cui si avvale soprattutto nel fraseggio e nell'organizzazione armonica si richiamano alla versificazione di quella scena, che mostra una certa predilezione per i periodi trimembri. Il percorso formale complessivo è stato invece ispirato dalla successione di immagini evocate nei suggestivi versi di M. Pavani, dedicataria del lavoro.

 

 

 

Monica Pavani, ferrarese, coltiva in parallelo le passioni per la poesia e per la traduzione. Ha pubblicato tre raccolte di poesia: Fugatincanti (1996, Mobydick), Con la pelle accanto (2000, Mobydick) e Luce ritirata (2005, Ed. La Fenice, Premio Senigallia - Spiaggia di Velluto). Nel 2006 per la Old World Books è uscita la plaquette Angeli muti. Una selezione di suoi testi è stata tradotta in sloveno da Jolka Milič. Nel 2011 ha scritto L’eco di Micòl. Itinerario bassaniano (Ed. 2G, 3° Premio Giornalistico Internazionale della Camera di Commercio di Ferrara), una sorta di ‘mappatura’ della città di Ferrara al seguito di Bassani narratore, ma soprattutto poeta.     Come traduttrice oltre che con Mobydick (Due passioni di C. Bille, 2002, Teatro della parola e Geometria dell’illimitato di S. Dupuis, 2004), collabora con Adelphi, Fazi, Guanda, Il Saggiatore, Playground, Rizzoli, Taschen e Tufani Editrice. Le sue più recenti traduzioni sono La sovrana lettrice di A. Bennett (Adelphi) e Movimento dalla fine di P. Rahmy (Mobydick). Collabora con le riviste letterarie Tratti, Leggere Donna e Viceversa letteratura, mentre per Il Resto del Carlino di Ferrara recensisce spettacoli di danza, teatro e concerti. Tiene corsi di italiano avanzato per Middlebury College School in Italy all’Università di Ferrara, incentrati sul fascino letterario della città estense.

 

Cecilia Vendrasco è diplomata in Flauto e Didattica della Musica al Conservatorio di Venezia col massimo dei voti, ha conseguito il Diploma di Perfezionamento in Musica da Camera all'Accademia di Imola col massimo dei voti, è laureata con lode in Lettere e in Musicologia a Ca' Foscari . Vincitrice di 10 concorsi di esecuzione, ha intrapreso un'intensa attività di ricerca, studio e diffusione della musica contemporanea, esibendosi tra l'altro per Festival Internazionale Ondine Rovereto, Biennale Musica Venezia, Piccolo Teatro Strehler Milano, Teatro Valle Roma, Biennale Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo a Lisbona e a Roma, Teatro La Fenice, Università Saint Esprit di Kaslik Beirut, Teatro Nuovo Mirandola - Centro di Cultura Pico della Mirandola, Miteu Ourense, Mostra International de Teatro  Universidade de Vigo - Pontevedra, Biennale Danza Venezia, Amici della Musica Padova, Festival di Musica Contemporanea Vitoria, CDMC Madrid, Festival Musica ‘900 Trento, Festival Novart Bordeaux, Total Music Meeting Berlino, Sala Verdi - Orchestra Verdi Milano, Teatro Verdi Trieste.

 

Dopo aver conseguito con lode il diploma in Arpa al Conservatorio di Venezia, Alessandra Trentin è selezionata tra i migliori studenti dell'Istituto per concerti solistici organizzati dal Teatro La Fenice. Successivamente si perfeziona con Vio,  Mildonian, Holliger, Lozer. L’attività concertistica solistica l’ha portata ad esibirsi nei teatri La Fenice, Malibran e Goldoni di Venezia, Duse di Asolo, di Padova, Potenza, Treviso, per istituzioni quali la S.I.E.M., La Biennale di Venezia, la Gioventù Musicale d’Italia, l’A.Gi.Mus., il Festival di Bellagio e del lago di Como, gli Amici della Musica di Mestre, i Conservatori di Adria, Alessandria, Trento e Venezia, in città quali Bologna, Torino, Taranto, Roma, Verona, Salisburgo (Wiener Saal del Mozarteum), Palencia (Teatro Principal), Vitoria, Orense. Ha registrato per la RAI, Radio Svizzera, Radio Vaticana. Ha collaborato con le orchestre del Teatro La Fenice di Venezia, del Teatro di Treviso, di Plovdiv, di Rovigo, del Ballet National de Espana, del Quadrivium Ensemble, diretta da Benedetti Michelangeli, Inbal, Bertini, Pretre, Ötvos, David, Panni. È arpista del Plurimo Ensemble, gruppo in residence dell’Ateneo Veneto, formazione variabile, impegnato in produzioni sorte dalla sinergia tra gli istituti superiori nazionali e internazionali di formazione artistica e di ricerca.

 

Luisa Antoni, è diplomata in Pianoforte, e laureata in Filosofia, e ha conseguito il master e il dottorato in Filosofia della musica, pubblicato nel 2010 in italiano per l'ed. Trauben di Torino e in sloveno per Mladika di Trieste. Ha studiato clavicembalo e fortepiano con I. Gregoletto, seguendo anche numerose masterclass (C. Stembridge, P. Erdas). Lavora come giornalista musicale alla RTV Slovenija. Ha studiato composizione con F. Nieder, M. Cardi e attualmente M. Bonifacio, A. Corghi e R. Vaglini.

 

Fabio Grasso, diplomato in Pianoforte e Composizione, laureato in Lettere, è docente al Conservatorio di Venezia. Una biografia interattiva coi dettagli su riconoscimenti e premi internazionali, discografia e attività concertistica, svolta sia come pianista dal vastissimo repertorio (che include l'integrale delle Sonate di Beethoven) sia come compositore dal nutrito catalogo, è disponibile al sito www.fabiograsso.eu

 

Letizia Michielon, pianista e compositrice, insegna Pianoforte e Filosofia della Musica al Conservatorio di Trieste. Borsista e vincitrice di numerose competizioni nazionali e internazionali, svolge intensa attività concertistica e compositiva. Sue esecuzioni sono state trasmesse dalla RAI e ha partecipato a importanti festival europei e americani. Ha tenuto masterclass in prestigiose università straniere. Pubblica per Ars Publica, Mimesis e Il Poligrafo. Sta incidendo per Limen l'esecuzione integrale delle Sonate per pianoforte di Beethoven. www.letiziamichielon.it

 

J.F.Pjetri C.D., nato a Shkoder (AL), inizia lo studio del Pianoforte all’età di 4 anni con Gj. Kapedani. Ha tenuto diversi concerti da solista a Shkoder, Atene, Vicenza, Padova, Venezia, Matera, alternando ai classici, come Bach, Beethoven, Liszt, Wagner e Scriabin sue composizioni. Ha vinto il 1o premio al Concorso Liszt di Bellagio per Pianisti-Compositori. Ha presentato nell’ambito della Rassegna di Cultura Contemporanea 2013 a Padova la tragedia in musica Frater Philippus su suo testo e musica. Studia Composizione con R. Vaglini a Venezia. È membro fondatore dell’Associazione Culturale Pasolini Pound di Padova, alla continua ricerca di un’Opera d’Arte Totale.

 

Dario Savron ha studiato composizione con F. Nieder al Conservatorio di Trieste e alla 45a edizione dei Ferienkurse di Darmstadt. Suoi brani sono stati eseguiti per Stagione Rondò Divertimento Ensemble Milano, Festival Pontino, Festival Nei Suoni dei Luoghi, Biennale Capodistria, in Canada e negli Stati Uniti, ed inoltre in progetti internazionali in streaming-live. Ha inoltre diretto varie prime esecuzioni di proprie composizioni. Le sue musiche sono edite da Nuova Stradivarius, Milano. Come percussionista si è esibito in Europa, Argentina, Australia, Canada e USA sia come solista che con gruppi da camera e in orchestre fra cui la Royal Concertgebouw di Amsterdam, l`Orchestra da Camera della Radio Olandese diretta da P. Eotvos. Ha vinto vari premi internazionali e nazionali e ha partecipato alla registrazione di numerose incisioni. Ha realizzato varie prime esecuzioni di autori come Chin, Donatoni, Nieder, Sciarrino, Solbiati. Tiene masterclass e corsi di perfezionamento in Europa, Australia, Canada e USA; È stato docente assistente al Conservatorio di Amsterdam, ed attualmente insegna al Conservatorio di Perugia.

 

Alvise Zambon ha studiato composizione con C. Pasquotti e direzione d'orchestra con M. Summers al Conservatorio di Venezia, e pianoforte con M. Liuzzi. Diplomato col massimo dei voti e lode in Composizione, è direttore del SON Ensemble, giovane formazione veneziana che si occupa di musica sperimentale, con partecipazioni nei principali festival di musica contemporanea, compresa la Biennale Musica di Venezia, e presidente del coro da camera Ensemble Monteverdi diretto da M. Piani. Come compositore è attivo sia nell'ambito della musica sperimentale che del teatro musicale leggero mentre, come direttore d'orchestra, ha collaborato alla realizzazione del progetto Del Dirsi Veneziano dedicato a C. Ambrosini. Laureato inoltre in Storia della Fotografia all’Università di Padova, si interessa di fotogiornalismo e reportage. Il suo servizio The Shape of New York è stato pubblicato dal Leica Blog.