A.GI.MUS.
VENEZIA
STAGIONE CONCERTISTICA 2008
CONCERTO
n. 4
lunedì 20 ottobre 2008
Sale Apollinee del
Teatro
Florence
Cioccolani, pianoforte
PROGRAMMA
R. Schumann (1810-1856)
Davidsbündlertänze op. 6
A. Boucourechliev (1925)
6 études d'après Piranèse op. 18
(1975)
C. Debussy (1862-1918)
dai Préludes, Premier
Livre, n. 10 ...
dai Préludes,
Deuxième Livre, n. 12 ...Feux
d’artifice
Nata nel 1981, Florence Cioccolani è stata premiata in numerosi
concorsi internazionali in Francia e Spagna.
Dopo gli
studi a Grenoble con François Cholé, ha
seguito a Parigi i corsi di Olivier Gardon ed Emmanuel
Mercier al Conservatorio Nazionale della regione, e in seguito con Denis Pascal
e Michel Beroff al Conservatorio Superiore. Ha proseguito il proprio
perfezionamento con Géry Moutier presso il
Conservatorio Superiore di Lione, specializzandosi nell’interpretazione della
musica moderna e contemporanea (da Béla Bartók a Pierre Boulez, George Crumb,
Toru Takemitsu e György Kurtág).
Si dedica
anche alla saggistica, al fortepiano, all’accompagnamento, all’attività
pedagogica soprattutto nell’area di Grenoble.
Nel
Florence Cioccolani
Foto: Tin Cuadra
NOTE AL PROGRAMMA
Accostare Davidsbündlertänze a cicli novecenteschi di forme brevi,
o a parti di essi, è scelta decisamente raffinata, che mette in risalto la modernità di
questa precoce raccolta schumanniana, con la quale il compositore tratteggia
musicalmente per la prma volta la sua idea di una fratellanza artistica che
lega una nuova generazione di musicisti (la “lega dei fratelli di Davide”) contrapposta
al debole pensiero reazionario dei critici tradizionalisti (che verranno per
contrasto definiti “Filistei”). Questa immagine, nutrita di fantasia e di esperienza vissuta (la lega si compone tanto di
personaggi immaginari quanto di persone reali vicine a Schumann, per quanto
celate sotto pseudonimi) sarà delineata nella sua forma più compiuta, oltre che
negli scritti della rivista Neue Zeitschrift für Musik, nel Carnaval op. 9,
dove i personaggi della lega, sfilando più o meno mascherati come in una
variopinta carrellata, dànno il loro nome a ognuno dei brani che compongono il
capolavoro, di cui Davidsbündlertänze è uno splendido antecedente. Infatti,
come in una straordinaria visione premonitrice, la coloratissima e contrastata
successione di brevi pezzi anticipa molti dei tratti caratteristici che saranno
ampiamente sviluppati nella produzione futura, sia pianistica che liederistica: il trionfante incalzare del ritmo puntato
che si dilegua in passaggi melodici dall’ineffabile sapore nostalgico e insieme
malinconicamente profetico; la vivacità degli andamenti di marcia che naufraga
repentinamente in oasi liriche, primordi della “innere Stimme”, la voce
interiore nascosta, il cui canto silente è sotteso alla scrittura pianistica. Per questi motivi non solo il Carnaval, ma anche
Kreisleriana, Humoreske, Frauenliebe und -leben sono qui già in qualche modo
presenti Ma è ancor più la sapienza
della strutturazione architettonica, oltre ad una maturità armonica già pienamente
raggiunta, a mostrare quanto sia compositivamente avanzato questo ciclo.
Schumann intreccia una fitta rete di relazioni e riferimenti incrociati fra i
vari pezzi, creando così da una serie di miniature una macrostruttura
perfettamente organizzata, in cui spunti melodici,
armonici e ritmici riaffiorano periodicamente, ora in modo simmetrico, ora con
modalità inattese.
Questo lo
avvicina ad alcuni pensieri strutturanti del Novecento. Gli Studi di
Boucourechliev, compositore e musicologo franco-bulgaro, ne sono un esempio, in
quanto la loro componente aleatoria implica che alcune
pagine vengano ripetute con periodicità irregolare, determinata da libere
scelte dell’esecutore, come ricordi che intervengono, per così dire, a
fluidificare la struttura dell’opera, tanto da renderne non determinabile a
priori la sua stessa durata.
Lo spirito
della reminiscenza permea anche la debussyana Cathédrale engloutie, preludio
ispirato al mito della cattedrale della città bretone di
Ys, inghiottita dall’Oceano a causa dell’empietà dei suoi abitanti – per inciso,
farlo seguire da Feux d’artifice esalta, di quest’ultimo, l’esplosiva potenza
rigeneratrice dalle venature cosmogoniche. Secondo la leggenda, rielaborata da
Heine, la cui vicinanza a Schumann è ben nota, le campane della cattedrale
fanno ancora sentire dalle profondità degli abissi i propri rintocchi, quando
il flusso delle maree ne trasporta gli echi in superficie. Debussy differenzia
timbricamente le varie riproposizioni della melodia in modo magistrale, ora
facendola emergere ora in primo piano, ora risprofondandola fra i flutti,
lontana e trasfigurata.
Sebbene in un contesto completamente diverso, anche Schumann riesce a
conferire sfumature di carattere diverso ai temi che riprende: il richiamo
melodico più evidente riguarda lo struggente motivo del secondo brano, che
ritorna nel penultimo, prima come un mesto e pur dolce sussurro, per poi
svilupparsi inaspettatamente in un crescendo di grande drammaticità, come se il presagio di un tragico mistero che percorre il
ciclo come un brivido si volesse qui manifestare in tutta la sua cupa evidenza.
Solo il brano conclusivo, una sorta di quieto epilogo dal tono colloquiale e
chiaramente narrativo, simile al finale delle Scene infantili, arriva a
dissipare quella disperazione, quasi a significare che ancora non è il momento
di viverla con tanta dirompente intensità, e che lo sguardo dei Davidsbündler e
della loro guida ha ancora il tempo per concentrarsi su orizzonti di serenità.
Note di sala: Fabio
Grasso